06.02, Giornata Mondiale contro l’Infibulazione e le Mutilazioni Genitali Femminili
- Volontariato Sarpi
- 6 feb 2021
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La mutilazione genitale femminile è una procedura che consiste nella rimozione parziale o totale degli organi genitali femminili per ragioni di natura non medica. Ogni anno più di 3 milioni di bambine sono costrette a subire una delle diverse forme di mutilazione genitale ancora oggi praticate. Queste mutilazioni sono suddivisibili in quattro categorie a seconda della severità dell'operazione, che va dall'asportazione parziale o totale della clitoride all’infibulazione femminile, ovvero la parziale cucitura dell’orifizio vaginale. Tutte queste operazioni apportano un rischio assai elevato per la donna che vi viene sottoposta, date le scarse condizioni igienico-sanitarie in cui possono venire effettuate, e il mancato utilizzo di antibiotici, attrezzatura sterile e anestetici: un grandissimo numero di donne muore durante o poco dopo l’operazione a causa di infezioni e emorragie; quelle che sopravvivono contraggono infezioni del tratto urinario, sono costrette a sopportare forti dolori durante i rapporti sessuali e rischiano gravi complicazioni durante il parto, che spesso ne possono provocare la morte.
Oggi la mutilazione genitale femminile viene ancora praticata in trenta paesi fra Africa e Medio oriente (spesso illegalmente; in 24 di questi paesi esistono leggi che vi si oppongono) e, in diversi di questi, sulla quasi totalità della popolazione femminile, per ragioni legate alla cultura tradizionale. Questa pratica, infatti, ha radici molto antiche e trova testimonianza anche in alcuni testi di Erodoto, che ci racconta fosse diffusa in Egitto intorno al V secolo, cosa che abbiamo poi riscontrato grazie al ritrovamento di mummie con simili mutilazioni.
Sono molte le false credenze che circondano questa pratica: si crede che essa porti benefici igienici ed estetici, che renda la donna più fertile, che sia una garanzia di salute e preservi la verginità della giovane; questi “vantaggi”, oltre che non essere scientificamente dimostrati, non giustificano neanche lontanamente il dolore e il trauma a cui le donne vanno incontro per incontrare l’approvazione della società in cui vivono; infatti, all’interno di molte comunità le ragazze non circoncise non potranno sposarsi e verranno allontanate in quanto ritenute “impure”. Quello che queste donne si trovano ad affrontare è evidentemente un problema ideologico, che permette che la vita femminile sia concepita come inferiore e legata ai soli compiti della riproduzione e del compiacimento dell’uomo. Esse vengono private di parte della loro libertà, mutilate solo per avere più valore agli occhi del futuro marito, istruite a vedere la sofferenza e il dolore come parte della loro vita quotidiana. Persino nei paesi europei, in cui sono illegali, non è raro che ragazze provenienti da determinati background culturali vengano sottoposte a mutilazioni genitali di vario tipo. Per contrastare questo fenomeno, sono nati progetti specifici, come After, una ONG attiva in Belgio, Irlanda, Italia, Spagna e Svezia, impegnata a porre fine a questa pratica tra le comunità migranti residenti in Europa.
Sottocommissione Cultura
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