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13.01, Dialogo tra Religioni e Omosessualità

Il 13 gennaio 1998 Alfredo Ormando, un intellettuale e poeta siciliano, si tolse la vita dandosi fuoco in mezzo a piazza S. Marco. Questo gesto estremo nasce come segno di protesta contro l’omofobia delle gerarchie vaticane. Ormando infatti, originario di una famiglia di povera estrazione, si definiva utilizzando due aggettivi che, all’epoca più di oggi, erano difficili da conciliare: cattolico e gay. Convinto della giusta natura del suo essere, non si era mai impegnato a nascondere la sua sessualità da famigliari, amici e compaesani, affrontando il duro giudizio collettivo e l’emarginazione, conseguenza delle convinzioni fortemente bigotte diffuse nella popolazione, a prescindere dall’estrazione sociale. Anche la sua carriera ne risentì, tant’è vero che con fatica trovò una casa editrice disposta a pubblicare le sue opere. Ormai stanco dell’orribile trattamento riservatogli, si sfoga in una lettera al fratello:

“Non hai idea di come ci si sente quando si è trattati in questo modo; non si riesce mai ad abituarsi ad accettarlo, perché è la nostra dignità che viene brutalmente vilipesa. Anche il marito di (una sua sorella) e suo figlio si sono vergognati in pubblico di me, anche quella santa donna di tua suocera si è permessa di deridere la mia omosessualità. Forse non ti è noto l’odio caino di nostro fratello nei miei confronti? Fino a giungere a dire di fronte ad un estraneo (tu eri presente): “Se potessi ucciderlo con le mie mani lo farei”. Non voglio rifare queste bruttissime esperienze, so che si ripeteranno sempre fino a quando sarò vecchio e prossimo alla morte. Non permetterò più che si continui ad umiliarmi: non lo potrei più sopportare.”

Quello del 13 Gennaio fu il gesto disperato di un individuo che si considerava “già morto”, convinto di essere privo di futuro sia come scrittore, sia come uomo. Morì undici giorni dopo il fatto in ospedale, fra atroci dolori.

Per tenere vivo il ricordo di Ormando e del motivo del suo gesto disperato, ogni anno Arcigay, associazione nata a Palermo nel 1980 che si prefigge di tutelare i diritti LGBT in Italia, organizza a Roma una commemorazione del sacrificio di Ormando.

A ventidue anni dall’avvenimento il problema dell’emarginazione sociale dei membri della comunità LGBTQ rimane tristemente attuale, soprattutto all’interno di famiglie o comunità fortemente cristiane. Anni di chiusure da parte delle religioni nei confronti dell’omosessualità hanno creato pregiudizi difficili da combattere: “chi è gay va contro Dio”, “la femminilità è dannosa, chi è gay non è veramente uomo”, “le lesbiche non sono vere donne”, “i transessuali sono contro natura”, tutti hanno almeno un parente che qualcosa di simile l’ha detto. Ancora oggi esistono ragazzi e ragazze terrorizzate dall’idea che la loro sessualità possa rivoltargli contro la loro famigli o i loro amici.

Fortunatamente abbiamo fatto qualche progresso dagli anni ottanta: fra i giovani atteggiamenti omofobi sono sempre meno frequenti (anche se ancora diffusi), la partecipazione ai pride di persone che non fanno parte della comunità LGBTQ fa sperare in un futuro volto all’accettazione e al sostegno. In gran parte dell’occidente è stato legalizzato il matrimonio fra coppie dello stesso sesso, in Italia abbiamo le unioni civili. Tuttavia è importante sottolineare che i progressi da compiere sono ancora tanti e che quelli già compiuti non sono una realtà universale: al luglio 2020 restano ancora 68 paesi in cui l’omosessualità è un reato, di cui 9 prevedono per esso la pena di morte. Una situazione deprimente, la cui soluzione richiederà molto impegno e ancor più tempo.


Sottocommissione Cultura

 
 
 

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